Tappa cassanese per «l’estate militante» del Partito Democratico pugliese, la campagna che mira a raccogliere le firme per chiedere al governo nazionale di approvare la proposta di legge sul salario minimo di 9 euro all’ora, di finanziare il fondo nazionale affitti, l’immediato stanziamento delle risorse del fondo di sviluppo e coesione (FSC) e l’aumento degli investimenti nell’edilizia studentesca pubblica e delle borse di studio.
Le firme dei cittadini saranno raccolte dai volontari del circolo cassanese del PD domenica 17 settembre 2023, dalle ore 9 alle ore 13, in piazza Garibaldi.
Riguardo al salario minimo, in Italia, negli ultimi decenni, il numero di lavoratori esposti al rischio di povertà è aumentato sensibilmente. La quota di lavoratori poveri tra il 2006 e il 2017 è passata dal 17,7% al 22,2%, vicini al 28% per le donne. Inoltre il rischio di bassa retribuzione è altissimo, del 53,5% per i lavoratori part-time e i lavoratori atipici. Dai dati Eurostat emerge che in Italia l’11,7% dei lavoratori dipendenti riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali, dato ben al di sopra del 9,6% di media UE. Il fenomeno diventa ancora più urgente se si pensa che i lavoratori hanno subìto due forti attacchi al loro potere d’acquisto negli ultimi anni: il primo con la pandemia del Covid-19, che ha portato molti lavoratori a restare a casa in cassa integrazione; e il secondo con l’invasione russa dell’Ucraina, che ha portato a un’alta inflazione di matrice energetica che si è rapidamente estesa ai beni primari. I costi di queste crisi però, i lavoratori italiani le stanno pagando più che negli altri Paesi: alla fine del 2022, infatti, i salari reali in Italia erano calati del 7,5% rispetto al periodo precedente la pandemia, contro una media Ocse del 2,2%.
Parte della motivazione per queste forti differenze sta nella contrattazione malata e nell’assenza di un salario minimo legale che caratterizzano il nostro Paese. È diventato infatti sempre più tristemente noto il fenomeno dei cosiddetti “contratti pirata”, cioè contratti collettivi di lavoro siglati da associazioni sindacali non rappresentative. Questo perché non esiste un ente certificatore della rappresentatività di un sindacato, quindi se un datore di lavoro vuole fissare per il suo settore un salario più basso, possono facilmente “creare” artificialmente un sindacato con una manciata di lavoratori e costringere loro a firmare un contratto collettivo fortemente al ribasso rispetto alla media del settore. La presenza di questi contratti a sua volta ha un effetto depressivo nella contrattazione, costringendo anche le associazioni datoriali nei loro contratti a non scostarsi troppo dai livelli “pirata”, altrimenti rischierebbero di aumentarne l’attrattività. E così si insinua una spirale al ribasso.
Un salario minimo legale porrebbe un freno a questo circolo vizioso, consentendo una contrattazione più sana. Un salario minimo legale, peraltro, esiste nella grande maggioranza degli Stati membri dell’Unione europea. L’ultimo Paese che introdotto un salario minimo legale, la Germania, lo ha fatto nel 2015 e lo ha ulteriormente aumentato a 12 euro l’ora nell’ottobre 2022. In entrambi i casi, la quantità di occupazione non ne ha risentito, smentendo il rischio di un effetto “spiazzamento” che spesso viene utilizzato come spauracchio dai commentatori che in realtà cercano solo di lasciare invariato lo status quo di sfruttamento e lavoro sottopagato.
Il PD, insieme alle altre opposizioni, propone un modello di salario minimo che non vada a danneggiare l’importanza della contrattazione collettiva sana: un sistema misto, cioè, che impone per ogni settore un minimo salariale individuato dal contratto collettivo delle associazioni più rappresentative, ma che in ogni caso non può essere inferiore ai 9 euro all’ora. In questo modo si valorizza la contrattazione vera e si garantisce un minimo dignitoso. È una battaglia di civiltà per garantire a milioni di lavoratori italiani un salario più adeguato.