Meno risorse contro il caro affitti e mancanza di alloggi per gli studenti: riducendo le risorse a disposizione, il governo guidato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nega il diritto fondamentale allo studio. Domenica 17 settembre 2023 – dalle ore 9 alle ore 13 in piazza Garibaldi –, il Partito Demcoratico, nell’ambito dell’«estate militante», raccoglie le firme dei cittadini per chiedere al Governo una programmazione effettiva degli investimenti per l’edilizia studentesca pubblica, affiancati ad investimenti più ampi per il diritto allo studio e al welfare studentesco.
La diffusa mobilitazione degli studenti messa in campo nei mesi scorsi in molte città italiane ha posto con forza il tema del diritto allo studio e della necessità di adeguate politiche per la casa delle nuove generazioni. Il problema del caro affitti e della mancanza di alloggi per gli studenti rappresenta una vera e propria emergenza che discrimina una parte significativa della popolazione giovanile, impossibilitata per ragioni economiche familiari a mantenersi agli studi. L’attuale situazione è in palese contrasto con la Costituzione, che all’articolo 34 stabilisce che «i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». Se studiare diventa un lusso che solo pochi possono permettersi, si sta negando un diritto fondamentale e creando un futuro meno promettente per tutti. Questo perché l’istruzione terziaria è un forte motore di produttività per tutto il Paese: più studenti aiutiamo ad ottenere una formazione avanzata, più produttiva diventerà la forza lavoro di domani, e più ricchezza ci sarà per tutto il Paese. Consentire di formarsi soprattutto a chi viene da famiglie più povere è inoltre un forte strumento contro le disuguaglianze, per aumentare la mobilità sociale intergenerazionale.
Per questi motivi, si tratta di un settore su cui dobbiamo ancora investire molto. I Paesi OCSE (dati 2020) investono mediamente nell’istruzione il 4,9% del PIL, di cui circa l’1,5% in quella terziaria; mentre in Italia la spesa complessiva è pari al 3,9%, con solo lo 0,9% per l’istruzione terziaria. Inoltre, dopo due anni di pandemia, il numero delle immatricolazioni all’università sia sceso del 3 per cento. Il ritorno delle lezioni in presenza, con l’aumento del prezzo degli affitti, delle bollette e dei trasporti, ha indotto migliaia di giovani a rinunciare ad iscriversi. Troppo poche e troppo basse le borse di studio, assolutamente insufficienti i posti negli studentati pubblici. Si registra inoltre un aumento del numero dei borsisti «idonei non beneficiari», ossia di studenti che, per mere ragioni legate all’insufficienza dei fondi, non si vedono riconosciuti i benefici, pur rientrando pienamente in tutti i requisiti di eleggibilità per l’accesso.
La disponibilità di alloggi universitari è di circa 40mila, meno di un terzo dell’equivalente di Francia e Germania. Non potendo accedere agli alloggi pubblici, molti fuori sede sono costretti a prendere in affitto, spesso in nero, abitazioni private il cui costo in alcune città non si trova sotto i 700 euro al mese. Ma anche ricorrere al mercato degli alloggi privati non è facile: secondo l’Associazione nazionale degli studenti fuori sede, esiste solo un alloggio disponibile ogni 15 studenti, e secondo l’Unione piccoli proprietari (Uppi), sono almeno 64 mila gli studenti fuori sede che non possono permettersi gli affitti di mercato che, secondo le stime Istat, sono aumentati del 14,2% negli ultimi due anni. In molte città, la carenza di alloggi e il problema crescente del caro affitti si sommano al fenomeno degli affitti brevi che, se non correttamente regolamentati, rappresentano un fattore distorsivo del mercato abitativo. Poiché molte delle nostre università sono concentrate in città capoluoghi, spesso città d’arte e mete del turismo di massa, l’elevato profitto ottenibile offrendo appartamenti su Airbnb e affitti brevi riduce ulteriormente la quantità di appartamenti disponibili agli affitti lunghi per studenti e giovani lavoratori, aumentando ulteriormente i prezzi. Cosa fare in questo contesto? Esiste un Fondo affitti studenti fuori sede, che però il Governo Meloni ha scelto di depotenziare: dai 15 milioni di euro del 2021 si è passati a 4 milioni per il 2023 e 6 per il 2024.
Chiediamo quindi al Governo una programmazione effettiva degli investimenti per l’edilizia studentesca pubblica, affiancati ad investimenti più ampi per il diritto allo studio e al welfare studentesco. Servono iniziative urgenti a sostegno dei giovani studenti e lavoratori, per: acquisire, costruire e ristrutturare studentati universitari pubblici grazie alle risorse del PNRR (che va sfruttato, non ritardato); migliorare gli strumenti necessari a far incrociare domanda e offerta di case a prezzi sostenibili; aumentare la disponibilità di alloggi a canone concordato; imporre un limite agli affitti brevi per evitare uno spiazzamento del mercato; incrementare le risorse del Fondo per l’affitto degli studenti fuori sede; incrementare le borse di studio offerte e rivalutarne l’importo alla luce dell’inflazione, per garantire che nessun giovane debba rinunciare ai propri progetti di formazione e futura carriera a causa del proprio reddito familiare d’origine.