Dal Governo un’assenza di prospettiva e capacità che rischia di compromettere interi territori: ecco un articolo a firma dei parlamentari del Partito Democratico Ubaldo Pagano (pagano_u@camera.it) Claudio Stefanazzi (stefganazzi_c@camera.it) e Marco Lacarra (lacarra_m@camera.it), tratto dal primo numero del giornale online del PD pugliese, Insieme per la Puglia, scaricabile qui.
Se mesi fa era solo un timido sospetto, oggi è molto più di una certezza: per il Governo Meloni la questione meridionale è una sciocchezza da disfattisti, un pretesto per fare un po’ di vittimismo. E il merito di questa nuova visione è soprattutto del Ministro Raffaele Fitto che, evidentemente stanco di chi vede sempre “tutto nero”, ha invertito il paradigma: invece di cancellare divari e disuguaglianze, ha scelto di spazzare via il Mezzogiorno intero.
Fatto sparire dalla cartina geografica, il Sud Italia non può più rappresentare un problema. È questo il modus operandi della destra. Sono bastati pochi mesi al Governo del Paese per farci il callo. I problemi, i grandi nodi sociali ed economici della società non vanno sciolti né affrontati, ma sotterrati. È successo con la povertà e con i poveri, un “ronzio fastidioso” che non a caso è stato messo subito a tacere. D’altronde se sei povero, la colpa è tua, come ci insegna la Ministra Daniela Santanché.
Lo schema si ripete identico anche per il Mezzogiorno: se sei meridionale, se non hai infrastrutture degne di un Paese moderno, se nel tuo territorio non ci sono asili nido o assistenti sociali, se di lavoro ce n’è meno ed è meno pagato, se fare impresa è più difficile che altrove, se lo Stato insomma di te se n’è fregato, la colpa è tua, sempre e solo tua, caro meridionale.
Raffaele Fitto lo conosciamo bene. Come conosciamo alla perfezione quel talento tutto suo nel combinare grandi guai, per usare un eufemismo. Alcuni di questi ancora li scontiamo qui in Puglia, malgrado siano passati quasi vent’anni dalla fine del suo mandato presidenziale. Ma ciò che è stato capace di fare in meno di un anno supera la più nefasta delle previsioni. Accentramento di risorse e potere, estromissione dei territori da qualsiasi decisione, ricatti e ripicche all’ordine del giorno. A partire dal PNRR. Un progetto epocale di ricostruzione dell’Europa che porta la firma dei nostri Governi, fatto a pezzi in quattro e quattr’otto per manifesta incapacità. Sedici miliardi di euro tolti ai Comuni e alle Regioni per investimenti importantissimi, soprattutto al Sud. Efficienza energetica, rigenerazione urbana e riduzione del degrado sociale, contrasto al rischio idrogeologico e tutela del verde, piani urbani integrati e potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali di comunità nelle aree interne. Per non parlare del miliardo di euro stanziato per traghettare l’ex Ilva verso un reale futuro di decarbonizzazione. Tutto questo si è volatilizzato con uno schiocco di dita del Ministro Fitto, senza avvertire, senza ascoltare, senza coinvolgere nessuno. Nascondendosi, per giunta, dietro a un alibi che non regge l’urto della prova dei fatti. Perché proprio per avviare quei progetti – tutt’altro che in ritardo – i Comuni avevano fatto salti mortali che rischiano seriamente di essere vanificati da una scelta sciocca e masochista.
Ma la pezza è peggiore del buco. Secondo i propositi di Fitto (che per ora restano, purtroppo o per fortuna, dichiarazioni di intenti), quelle migliaia di investimenti non sono andati in fumo ma verranno finanziati a valere su altri fondi, come l’FSC. “Bene!” – si potrebbe pensare. E invece no, è un altro schiaffo sonante al Sud, visto che il fondo di sviluppo e coesione spetta per l’80% ai territori del Mezzogiorno. E allora significa l’ennesima presa in giro, altre risorse sottratte alla convergenza tra Nord e Sud del Paese per sopperire ai ritardi, alle incongruenze, all’incompetenza di un Governo completamente allo sbando. A inizio agosto, poi, l’ultima beffa: il Ministro decide di ripartire le risorse FSC che ha gelosamente e insensatamente tenuto nei cassetti ministeriali per quasi un anno. Senonché si scopre che alla Puglia mancano 160 milioni di euro rispetto al precedente schema del Governo Draghi e per motivazioni che ancora non si riesce a comprendere queste somme non potranno essere utilizzate per le spese di welfare, servizi sociali, contrasto alla povertà, cultura, turismo ed altre spese di parte corrente come ricerca e formazione. Insomma, l’ennesimo gioco di specchi, l’ennesimo tentativo per ricattare le Regioni, piegarle alle volontà del Ministro plenipotenziario. “Io stanzio ciò che vi spetta, ma lo spendete come dico io”, per parafrasare il pensiero fittiano. Nel frattempo, tutte le iniziative che dovrebbero aiutare il Sud a colmare il gap di sviluppo col resto d’Italia sono paralizzate per il divieto di utilizzo per le spese immateriali. Una decisione senza precedenti e che non trova alcun fondamento nella legge istitutiva del FSC.
La strategia di Fitto, come anticipato, è ormai inequivocabile: qualsiasi spesa, che si tratti della realizzazione di un parco pubblico o di una iniziativa di assistenza sociale di un Comune deve avere il suo personale placet. Purtroppo, però, il disegno non è ancora completo. Non basta a Raffaele Fitto venire ricordato come colui che ha eretto la lapide su ogni residua speranza di veder rinascere il Mezzogiorno. All’orizzonte c’è una riforma su cui c’è anche la sua firma, sotto forma di un complice e colpevole silenzio. Il riferimento è al progetto di autonomia differenziata del Ministro Calderoli. Una follia che spaccherà irreparabilmente il nostro Paese, abbandonando definitivamente il Sud Italia a un destino di rassegnazione, povertà e isolamento. Contro chi, come Raffaele Fitto e Roberto Calderoli, continua a calpestare la nostra Costituzione e sfregiare il Mezzogiorno, continueremo a lottare e far sentire forte la nostra voce. Sempre al fianco dei cittadini meridionali, sempre vicino a chi ha meno e meriterebbe molto di più. Contro chi vede nel Sud una risorsa da sfruttare e non una terra da valorizzare, il Partito Democratico opporrà sempre e soltanto il suo rifiuto.